Comete
Bimestrale on line
Reg. Tribunale di Vicenza n. 1165 del 18 dicembre 2007
Editor e direttore responsabile Bianca Nardon
Redazione STEP Srl Contrà Porti, 3 Vicenza
www.marcobicego.com
Marco Bicego è riconosciuto come il designer orafo italiano di maggiore successo internazionale. Mentre il settore ha subito una crisi significativa, la tua azienda ha avuto un exploit di fatturato. Cosa ti ha portato a questi risultati?
Non è sufficiente fare il "gioiello migliore". Ci vogliono più componenti: portabilità, economicità, unicità della proposta. Cerco gioielli che le mie consumatrici, perlopiù donne delle fasce d'età di quaranta e cinquanta anni, possano indossare quotidianamente. Il marchio conta, ma deve legarsi ad un'esperienza e ad un approccio positivo, un feeling diretto. Mi piace pensare che la donna che ha comperato l'articolo Marco Bicego vi si affezioni e che questo oggetto entri in qualche modo a far parte della sua vita. Ho realizzato collezioni che hanno un loro stile, uniche al mondo, senza copiare modelli già esistenti. Credo che Marco Bicego abbia un'identità precisa. E questo, secondo me, è il vero punto di forza.
Dal punto di vista produttivo, ho ereditato dall'azienda di famiglia un certo tipo di lavorazione e l'ho reinterpretata e riutilizzata. Inoltre meno del 20% delle finiture viene eseguito a macchina. Il resto viene tutto realizzato a mano. E' un lavoro altamente artigianale. Lo stesso per le pietre, vengono tutte dall'India e tagliate a mano una ad una.
Come nasce l'idea di un gioiello nuovo?
Non nasce mai a tavolino.
Prendo spunto da vari stimoli, soprattutto da ciò che vedo, in particolare nelle fiere, e lo reinterpreto a modo mio. Amo le forme irregolari. Mi piace tutto ciò che non è riproducibile.
Ora ad esempio stiamo realizzando delle collane con pietre semipreziose tutte tagliate a mano e con forme diverse e casuali. Ogni collana sarà simile all'altra, ma mai esattamente uguale. Anche la decisione, esclusiva nel suo genere, di utilizzare le pietre incolore, è nata da una mia intuizione. Ho personalizzato ed elaborato delle mie sensazioni.
Come vivi da imprenditore creativo di livello internazionale il rapporto con l'ambiente culturale della provincia di Vicenza dove hai le tue origini e la tua azienda?
Dal punto di vista professionale e aziendale ognuno, tra i creativi del Made in Italy, anche della moda, ha preso la propria esperienza culturale regionale e l'ha interpretata in modo più personale. Quindi il legame con l'ambito locale di partenza conta. Io ho cercato di interpretare l'oro giallo, tipico dell' area produttiva da cui provengo, attraverso una chiave moderna e contemporanea.
Per quanto riguarda lo stile di vita, viaggio molto. E non c'è grande differenza per me tra qui e il resto del mondo. Il termine "glocal" mi appartiene molto, sento di unire locale e globale.
E' il valore delle esperienze che conta. Ad esempio anche nella cucina, nella scelta dei ristoranti sia nella provincia in cui vivo sia in qualsiasi altro paese del mondo. Mi basta trovare in ogni luogo la sostanza e la genuinità delle cose, non importa se sia in un'osteria veneta o nel più lussuoso ristorante di New York.
La creazione di gioielli ti porta a ricercare e prediligere l'estetica e l'armonia. Come si relaziona questa tua ricerca personale con il contesto urbanistico e architettonico in cui vivi e in cui lavori, ad alta concentrazione industriale?
Sto costruendo l'azienda nuova e sto anche ristrutturando la mia casa privata.
L'unico rammarico è non aver potuto comperare un pezzo di terra più grande. Avrei potuto creare così un'isola di dimensioni maggiori con un pezzo di verde più esteso. La costruzione nuova sarà su 4500 metri quadrati di superficie. Non ho bisogno di una nuova sede di produzione a tutti i costi, ma soprattutto di un luogo che rappresenti meglio la mia identità.
Qui il contesto architettonico generale è decadente e le uniche costruzioni belle sono quelle di vecchia data. Per il resto non c'è nessuna cultura urbanistica. Mancano uno stile e un'identità. Non è neanche una questione di estetica. In alcuni casi mancano le finiture esterne, ad esempio una semplice ed economica tinteggiatura in case realizzate venti o trent'anni fa. Questo dimostra che non è un problema economico, ma culturale.
Se devo trovare un legame fisico con il territorio, lo cerco in luoghi precisi, delimitati, come ad esempio al Ristorante Ca' Masieri di Trissino, una tenuta nel verde dei colli nel comune dove abito. A volte, in determinate stagioni, là ritrovo alcune caratteristiche e sensazioni tipiche del paesaggio toscano.
Mai pensato di trasferirti in un luogo con cui sentirti più in sintonia?
Attualmente non credo nella delocalizzazione. Anche se qui non ci sono né incentivi di tipo fiscale né di tipo infrastrutturale. Negli ultimi anni abbiamo investito molto e abbiamo creduto profondamente nei nostri obiettivi.
Se fossi a Milano o altrove per me sarebbe più semplice, sia per i clienti sia per il personale da coinvolgere. Stiamo transitando da un'azienda famigliare ad un'azienda internazionale e quindi ho bisogno di competenze nuove e di alto livello. Non è attrattivo per dei professionisti che cercano un certo stile di vita, trasferirsi qui, anche se dalla mia ho la forza del mio marchio e della mia azienda. La crisi del settore degli ultimi anni ci ha dato l'opportunità di assumere persone qualificate anche in zona, dove molte aziende hanno chiuso.
Rimango qui sostanzialmente perché sono legato alle mie radici e alla mia famiglia. Ho tre figli che stanno crescendo qui.
I problemi di immagine dell'Italia all'estero, sia per la questione più recente di gestione dei rifiuti in Campania, sia per le difficoltà della vita politica generale del paese, quanto influenzano il tuo sentirti italiano?
Credo che il nostro paese abbia grandi potenzialità, che non riusciamo a sfruttare. Giriamo il mondo zoppi. Molti di noi hanno cavalcato la fortuna del "Made in Italy", ma non possiamo renderlo qualcosa di vuoto. Il cliente straniero cerca dietro a questo marchio un'idea creativa, originale, diversa. Cerca una proposta effettiva. A me viene richiesto un design esclusivo. Mi sento rappresentante del mio paese nella misura in cui riesco a soddisfare questa aspettativa.
Quanto è forte il tuo legame con la natura? Nei gioielli utilizzi le pietre, nelle confezioni, nello stile, nel linguaggio promozionale, nei tuoi negozi personalizzati utilizzi i materiali e i colori della terra, il marrone, il legno.
La natura è una cosa fondamentale. Credo che prima di tutto ognuno debba vivere in pace con se stesso e che l'ambiente naturale ci aiuti in questo.
Io amo pescare e sono un appassionato raccoglitore di funghi. In entrambe i casi amo andarci da solo, il mattino, sentire e vedere l'acqua, immergermi nel fiume con le gambe, i sassi, passeggiare nel bosco, gustare il silenzio. Lavoro nell'ambito degli oggetti di lusso, ma il vero lusso per me oggi è avere una giornata per andare via e ritrovare me stesso.
Il viaggio e il luogo più bello che ricordi?
Non ho bisogno per forza di mete esotiche. Per le vacanze negli ultimi anni ho sempre scelto l'altopiano di Asiago, in provincia di Vicenza, dove ho una casa, perché mi offre ciò di cui ho bisogno, verde e tranquillità.
C'è un aspetto dell'ambiente naturale che ami più di altri?
Mi piacciono molto le stagioni. Le loro caratteristiche. Vivere attraverso il cambiamento di paesaggio, di clima. Ogni stagione offre sensazioni diverse, che durano un certo tempo. Se ognuna di queste si prolungasse troppo, mi stancherebbe. Stagioni che in parte purtroppo non esistono più e che, quando ero bambino, gustavo più appieno. Anche d'inverno quando era molto freddo, giocavo sempre all'esterno, nel quartiere, lungo la strada, nel prato. Esperienze che i miei figli oggi fanno in tono minore. Li proteggiamo di più, forse troppo.
Qual è il tuo pensiero sul rapporto contemporaneo tra l'uomo e la qualità dell'ambiente?
L'ambiente è peggiorato. Non è necessario sentirselo raccontare dall'esterno. L'ho visto con i miei occhi e attraverso la mia esperienza. Andando a pescare di anno in anno ho visto diminuire la quantità d'acqua nei fiumi, la quantità di pesce, aumentare l'inquinamento. Ho visto i fiumi morire, un po' alla volta.
Considero l'ambiente una priorità. Ben vengano leggi restrittive e incentivi per non inquinare.
I tuoi sentimenti sugli esiti di questo rapporto e il futuro?
Di natura sono ottimista, ma riconosco la dimensione dei problemi.
Nel dopoguerra la priorità era lo sviluppo, non si prestava attenzione a non inquinare, era necessario aumentare la produttività e il lavoro. Da allora ad oggi i problemi dell'inquinamento si sono diffusi e ingigantiti. E' aumentata anche la sensibilità nell'applicazione di sistemi correttivi, ma non so quanto incisivi siano.
Mi sembra assurdo che economie di grande portata e capacità di incidere sugli equilibri ambientali mondiali, come gli Stati Uniti, abbiano potuto permettersi di non sottoscrivere a suo tempo il Protocollo di Kyoto. Sia per una spartizione equa degli impegni dei diversi paesi, sia per un carico omogeneamente ripartito dei costi economici da sostenere.
Lo stesso per le economie emergenti, India e Cina. La priorità ora per loro è lo sviluppo e questo diminuisce la loro attenzione verso l'impatto globale. Ma influenzano enormemente il destino della Terra.
Per quanto riguarda il nostro stile di vita, ad esempio, la raccolta differenziata un po' alla volta è entrata nelle abitudini del luogo in cui vivo e oggi, quando vado in alcune zone d'Italia, rimango molto stupito nel notare che non è ancora del tutto diffusa. Lo trovo inconcepibile.
Il meccanismo dovrebbe essere sempre lo stesso: ognuno dovrebbe metterci del proprio, fare piccole cose per contribuire a grandi cambiamenti.
Dal punto di vista temporale, non vedo così imminente il punto di rottura con l'ambiente per la mia vita e nemmeno per i miei figli. Almeno me lo auguro. E se da una parte reputo necessario intervenire in maniera più decisa sulla questione, credo anche che la possibilità di risolvere i problemi sia strettamente connessa alla resistenza nell' intaccare interessi economici diffusi, sia per la deforestazione in molte zone del pianeta, sia per la salvezza dell'Amazzonia, sia per gli altri problemi di portata globale.
Nella costruzione della nuova azienda hai tenuto conto di criteri ecosostenibili?
Abbiamo progettato un piccolo impianto fotovoltaico, ma non c'era lo spazio sufficiente per un progetto di dimensioni tali da renderci completamente autonomi. Abbiamo bisogno di un grande quantitativo di energia. Per il resto abbiamo lavorato su materiali isolanti, coibentazioni e superfici vetrate.
I legami tra la tua creatività di designer e la musica, il cinema, le altre forme d'arte?
Amo ascoltare la musica, anche se ho poco tempo.
Mi piacciono i cantanti italiani: la Pausini, Ramazzotti, Zucchero, Jovanotti. Il cinema e le altre forme d'arte mi interessano, ma non ho il tempo per goderne.
Quanto è importante, secondo te, la capacità di incidere di un imprenditore al di fuori della sua azienda e del settore in cui opera, nella cultura, nel sociale o in altri ambiti?
Personalmente ho scelto di sponsorizzare un'associazione sportiva locale, dove vivo, il Trissino Calcio, di cui sono vicepresidente. E' un'associazione giovanile che aveva grossi problemi di sopravvivenza. La decisione si lega alla mia sensibilità personale per il mio passato di calciatore e alla consapevolezza di essere fortunato e dover mettere questa fortuna a disposizione anche di altri. Credo sia fondamentale impegnarsi soprattutto in ambito sociale, ma dev'essere un'azione del tutto disinteressata.
Hai un tuo credo personale o religioso?
Sono credente, secondo la mia tradizione culturale. Ma ciò che credo sia più importante è ciò che l'uomo mette in pratica ogni giorno, come vive. Reputo fondamentale l'etica personale e professionale.
Per quanto riguarda il nostro destino, non posso esserne totalmente sicuro, ma sono molti gli elementi che mi fanno pensare che il nostro percorso non si concluda con questa vita fisica.