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Comete
Bimestrale on line
Reg. Tribunale di Vicenza n. 1165 del 18 dicembre 2007
Editor e direttore responsabile Bianca Nardon
Redazione STEP Srl Contrà Porti, 3 Vicenza


Anno V n. 16 Dicembre 2011

Incontro con Reinhold Messner

www.messner-mountain-museum.it

Lei ha incontrato i popoli delle montagne. Crede che le culture indigene, maggiormente integrate con la natura, abbiano una diversa possibilità di comprensione e reazione al problema dei cambiamenti climatici?

Credo che anche loro, come tutti noi, siano impossibilitati nel comprendere e fare qualsiasi cosa. Eccezionalmente in questo frangente solo la scienza moderna potrebbe essere in grado di approfondire il fenomeno dei cambiamenti climatici perché serve un'analisi che si estenda per tempi molto lunghi. Serve una memoria che le generazioni non possono avere. Il clima è continuamente cambiato nel tempo, ci sono stati periodi di minore e maggiore concentrazione di CO2 nell'atmosfera e l'uomo, anche quello appartenente ad una famiglia indigena molto radicata in un territorio, non può avere una memoria sufficientemente lunga di ciò che è accaduto e che possa essere utile per capire ciò che succede oggi.
Dall'altra parte la scienza nella gran parte dei casi non fa scienza, ma risponde a chi la paga e fa solo populismo. Ancora oggi gli scienziati nel mondo esprimono opinioni e teorie diverse su questo tema. La convergenza c'è solo dove ci sono gruppi di scienziati pagati per andare in una direzione o un'altra. Personalmente critico anche Al Gore e l'IPCC. Solo se ci fosse una scienza non asservita, che non dovesse produrre risultati per un fine economico, potremmo avere un aiuto. Al momento non abbiamo la minima possibilità di conoscere davvero il problema e correggerlo. Noi dobbiamo e possiamo solo imparare a convivere con i cambiamenti, sapendo che questi sono sicuramente in parte causati dall'uomo moderno. Solo se le popolazioni del pianeta fossero unite e in un periodo forse programmabile di duecento anni potremmo pensare di invertire gli effetti negativi innescati nel corso degli ultimi secoli dai processi di sfruttamento delle risorse minerarie. Sicuramente non possiamo apportare correzioni in un breve periodo politico di cinque o dieci anni.

Lei ha affermato che per affrontare il problema dei cambiamenti climatici ci vorrebbe un governo mondiale e nel contempo si batte per difendere la competenza territoriale delle popolazioni locali come per la regione delle Alpi.

Si è cercato di costruire l'Europa, ma il cittadino europeo non esiste. La mia idea, per la quale non ho più alcuna speranza di realizzazione, era che gli stati nazionali cedessero progressivamente potere all'Unione Europea e in parte alle regioni territoriali con le stesse problematiche ambientali, come la zona delle Alpi. Questa era la mia visione per salvare l'Europa e forse poi entro un millennio sarebbe stato pensabile poter estendere questa organizzazione a livello mondiale. Dal punto di vista economico, se questo accadesse, bisognerebbe ripensare ad esempio alla creazione di banche più piccole e più controllabili. Ora il sistema si regge su banche molto grandi che gestiscono aria e non valori reali, e che allo stesso tempo sono protette da stati che non permettono ad esse di fallire.

Nell'aprile del 2010 a Cochacamba in Bolivia si è tentato un referendum popolare sui diritti per i cambiamenti climatici. I paesi più poveri hanno chiesto che fosse loro riconosciuto economicamente il danno provocato dai paesi più avanzati e responsabili delle emissioni di gas serra.

I referendum non li vincono le persone. Li vincono i grandi mass media, quelli più potenti. Non abbiamo una vera democrazia. C'è inoltre un egoismo molto diffuso, non esiste un popolo non egoista nei confronti di un altro. Non è solo una questione di giustizia. Anche i paesi poveri vogliono soldi dai paesi ricchi per sopravvivere, chiunque vuole delle cose per sé. La cosa più importante è dire all'uomo di prepararsi ai cambiamenti in atto e a quello a cui può andare incontro. Un pezzo di terra coltivabile e l'autosostenibilità valgono oggi più di qualsiasi deposito bancario o investimento finanziario.

Proprio alcuni luoghi di montagna sembrano essere tra quelli più destinati a soccombere per i cambiamenti climatici. Crede che si adatterà a fare il migrante in caso di necessità?

No, ora ho scelto una cultura dello stare. Personalmente ho preso una decisione, a quarant'anni ho acquistato un maso in montagna e l'ho fatto diventare una fattoria autosufficiente dove produco qualsiasi cosa per me e la mia famiglia. Oggi comperare i terreni per rifare un'impresa simile sarebbe troppo oneroso. I prezzi sono saliti a livelli inaccessibili. Comunque chi ha duemila metri quadri di terra può sopravvivere, in Giappone lo fanno in migliaia.

Quando afferma che guardando una montagna individua una particolare linea, che le appartiene e solo lei può vedere, a cosa si riferisce?

Solo l'alpinista vede questa via, chi ha studiato più volte la roccia e il ghiaccio e conosce le proprie capacità. Ho una relazione con la montagna, ho una certa esperienza, vedo dal colore che mi rispecchia l'indice di verticalità e dalle fessure, quanto ci metterò per percorrerla, dove e se potrò fare un bivacco, che grado di difficoltà dovrò affrontare. Un non alpinista non vede nulla di tutto questo. Io non impongo una via alla parete. E' la natura che mi detta la via.

Lei è legato agli aspetti concreti e verificabili della realtà. Al Messner Mountain Museum ha dislocato molte raffigurazioni e simboli di divinità orientali. Che relazione ha con la spiritualità dei popoli che ha incontrato?

Sono culture troppo diverse dalla nostra. Non possiamo neanche lontanamente avvicinarci. Io guardo il mondo e lo descrivo come lo vedo. Per le Alpi l'illuminismo francese ha portato una visione della montagna come scienza geologica e glaciologia. Per quel che riguarda la cultura asiatica, ho portato al Museo la loro lettura della vita, della montagna, degli esseri divini. Per me l'aldilà rimane qualcosa di irraggiungibile, inavvicinabile, che rispetto in quanto tale, ma credo che qualsiasi immagine o rappresentazione che ci diamo di dio o di un mondo che è altro dal nostro, sia solo immaginazione e invenzione della mente degli uomini.
Il pianeta si rigenererà anche se si verificheranno fenomeni straordinari, impatti con asteroidi o altro, ma tutte le figure divine che l'umanità ha partorito sono destinate ad andarsene con essa se questa si estinguerà.

Tra le figure chiave delle dottrine spirituali lei ha citato Budda e Cristo. Attribuisce a questi anche un messaggio ecologico?

Cristo è stato il politico sociale più forte che abbiamo avuto e ha trovato una risposta che regge ancora oggi in questo campo. Il più ecologico è Budda, che ha predicato la rinuncia totale ai beni materiali. Se non si consuma, non si inquina. Sono state persone di un grado di intelligenza molto al di sopra del comune, ma il loro ruolo è stato sostanzialmente di aver trovato delle soluzioni alla convivenza tra la moltitudine di esseri umani. Fino a che gli abitanti della Terra erano pochi non servivano leggi. La legge della sopravvivenza sta in noi e nella madre è ancora più forte per i figli che per se stessa.

C'è un rapporto squilibrato tra l'aumento della popolazione e la gestione delle risorse naturali. Dovremmo assumerci la responsabilità di fare meno figli?

No, noi europei e italiani dovremmo anzi farne di più, per garantire una sopravvivenza alla nostra cultura. Se le persone sono molte servono più leggi per regolare la convivenza e perdiamo un po' di libertà per dare qualcosa a tutti, ma una società che non fa figli ha problemi seri per il futuro. Dobbiamo e vogliamo sopravvivere tutti, anche se ora la gara per la sopravvivenza nazionale è più brutale che in qualsiasi altro periodo.

Lei in un suo libro ha affermato che l'uomo è un essere "carente".

Da quando l'uomo ha la consapevolezza di se stesso si chiede chi è e dove va. La sua finitezza crea in lui una grande sete di sapere dell'aldilà, ma la nostra vita è strutturata in modo da non sapere niente di quest'altro ambito.
Il fatto inoltre che alcuni popoli, come ad esempio gli indiani, si siano comportati in modo più evoluto con la natura è una visione sbagliata. Hanno inquinato a loro modo, non disperdendo la plastica o l'energia nucleare, ma semplicemente perché non ne disponevano. Hanno convissuto abbastanza bene con la natura finché erano in pochi.
Non credo ci sarà un nuovo essere intelligente che sostituirà l'uomo e non siamo neanche in grado di immaginare un'altra dimensione, exraterrestre o alternativa alla nostra. Se la pensiamo, lo facciamo sempre attraverso il limite della nostra intelligenza.

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